Scintille di ribellione

Mi capita spesso di interrogare le persone che si trovano in visita a Palermo chiedendo le loro impressioni sulla città. Le mie sono domande tutt’altro che spassionate e cercano di trovare conferma, o anche solo accenno, di tutte quelle criticità e problematiche con cui ogni cittadino deve avere a che fare quotidianamente e con cui si deve confrontare, volente o nolente, nel suo vivere una città complicata e caotica come Palermo.

Rimango però sempre un po’ basito quando alle mie domande, poste senza alcun tipo di neutralità, ricevo entusiastiche risposte e sorrisi felici. La mia delusione deve essere tale da dipingersi immediatamente sul mio volto, rimandando indietro strane espressioni e causando nel mio interlocutore una certa confusione. Mi tocca quindi dover spiegare il perché di quelle strane reazioni e, di rimando, anche il perché di quelle domande. Del resto, a chi non farebbe piacere sentir tessere lodi sulla propria terra natale?

Basta Incendi

Si dice che la conoscenza renda liberi. Alle volte però rende anche tremendamente infelici. Per indole e per educazione, ho sempre trovato certi atteggiamenti e certe dinamiche della città estremamente irritanti. Un mondo con un numero incalcolabile di regole non scritte, talvolta nemmeno enunciate, a cui dover irrimediabilmente sottostare e tutt’intorno una sistematica e sconfortante rassegnazione. Dacché ne ho memoria, Palermo ha quindi avuto su di me un effetto repellente che mi ha spinto a sognare vite future in città più o meno lontane, dentro e fuori il Paese. Nell’autunno del 2014 ho avuto una prima, temporanea possibilità di fuga partecipando al Progetto Erasmus durante i miei studi universitari, trasferendomi per un anno a Valencia, in Spagna. Una città che ha molti punti di contatto con Palermo, tra cui un’eredità storica con radici arabe. È stato al mio ritorno che sono cominciati i reali problemi.

Basta Incendi

Quella che prima si manifestava come una semplice insoddisfazione, un fastidio civico, si è presto trasformata in un’insofferenza esistenziale quasi insopportabile. Tutto quello che avevo intorno e che già da prima mal sopportavo, aveva adesso su di me un violento effetto di repulsione fisica. Non riuscivo a comprendere del perché questioni semplici e scontate come il decoro urbano, la pulizia e la manutenzione degli spazi pubblici e l’osservanza delle leggi non solo venissero ignorate ma anche in certi casi sfacciatamente e orgogliosamente oltraggiate.
I responsabili erano sotto gli occhi di tutti ma soltanto io ne sembravo drammaticamente offeso: oltre a quelli materiali, più facilmente identificabili, si sommava l’inadempienza dell’amministrazione comunale verso le sue responsabilità e i suoi doveri ma soprattutto il silenzio, la rassegnazione o, peggio ancora, la compartecipazione del resto dei cittadini nei confronti di comportamenti autodistruttivi e inaccettabili. Travolto da questa insostenibile sofferenza, rimpiangendo la mia vita in Spagna, nell’autunno del 2017 ebbi una seconda occasione di fuga e mi trasferii a Praga. Lì trovai quell’ordine materiale ed esistenziale di cui sentivo tanto il bisogno. La felicità del trovarmi in una dimensione dove potevo riconoscermi come individuo facente parte di una società in cui non rappresentavo più un’eccezione era ostinatamente oscurata dal sordo terrore che accompagnava il pensiero del mio inesorabile e sempre più vicino ritorno in Sicilia.

Basta Incendi

E così, ancora una volta, il ritorno ha rappresentato il raggiungimento di un nuovo livello di consapevolezza ed un’ancora più profonda infelicità. Perché Palermo, che aveva più di un punto di contatto con entrambe le città in cui avevo vissuto, non poteva aspirare a diventarne anche solo lontanamente simile? Qual erano i problemi strutturali e sistemici che ne impedivano un’evoluzione sociale e civica? Sono domande a cui ho disperatamente cercato di dare risposta e che mi pongo ancora oggi, in una Palermo completamente devastata dalle fiamme che deve fare i conti con gli stessi problemi di sempre: il traffico folle e privo di regole che congestiona la città, con i mezzi che brulicano convulsi come cavallette affamate; la spazzatura e la sporcizia che non risparmia nemmeno il più centrale e turistico dei quartieri e in cui frigoriferi sgangherati e materassi scoliotici sembrano la firma di un artista incompreso; la biblica lentezza dei lavori di costruzione e sviluppo urbano che sembrano incantati da un fiabesco incantesimo magico, vivendo in asincrono rispetto lo scorrere naturale del tempo; l’inarrestabile decadenza delle opere pubbliche, edificazioni golemiche figlie di interessi e agende politiche e poi dimenticate nell’oblio del tempo, prive di qualsivoglia piano di manutenzione per il decoro urbano; il disprezzo diffuso di regole e leggi e l’ingiusta impunità di chiunque non le rispetti, sintomo da un lato di una voragine culturale che appare incolmabile e dall’altro di una opportunistica cecità istituzionale che ignora i violenti e vessa e si rivale sempre e soltanto sui giusti.

Basta Incendi

L’onere del cambiamento appare però sempre assegnato ad una generazione ferita e moribonda, frammentata e dispersa nel mondo, come me alla ricerca di un posto da poter chiamare casa. Un posto in cui potersi identificare e far parte di un sistema giusto e accogliente. Soprattutto in questa giorni, forse mai come prima d’ora, grazie a dei movimenti sociali createsi dal dolore e dalle fiamme – penso al nobilissimo sforzo dei ragazzi di Basta Incendi – qualcosa si muove timidamente. È un dissenso sopito da tempo che erutta con rabbia e che chiede una giustizia generazionale, che cerca (non solo) simbolicamente di riprendere in mano la propria terra facendo rete e interrogando le istituzioni sulle loro palesi negligenze. Eppure, manifestando insieme a loro, sostenendo le più che condivisibili battaglie che si cerca di portare avanti con grande fatica e sacrificio personale, ci si rende presto conto con grande amarezza che non si è mai abbastanza. La verità è che come i dubliners di James Joyce, anche i palermitani sono vittime di una paralisi. E se a Dublino era la neve che anchilosava la gente in un loop senza via d’uscita, a Palermo è la sabbia rovente che ti si attacca addosso e che non se ne va più via. Finché la gente non si scrollerà di dosso questo fardello immaginario, finché la gente non capirà che una giusta battaglia è una battaglia di tutti allora un cambiamento non potrà avvenire mai.

Sono stufo di restare a guardare. Sono stufo di aspettare che qualcun’altro faccia quello che è già da tempo anche mia responsabilità. Mia come di tutti.
Solo che, nonostante tutti i buoni propositi, ho più paura che mai adesso. Ho paura che anche stavolta questa ennesima battaglia non porti a nulla. Ho paura che la scintilla si spenga, consumata dal tempo e dalla fatica. Ho paura che non rimanga anche stavolta null’altro che la fuga. Finché a combattere non rimarrà più nessuno.


(Immagini prese durante la “Fiaccolata Basta Incendi”, manifestazione dello scorso 3 agosto a Palermo)

Etrio Fidora

Direttore responsabile