Lavoro autonomo, la riforma estende e rafforza l’equo compenso. Parere di congruità degli ordini è titolo esecutivo

La riforma Meloni-Morrone sull’equo compenso rafforza le tutele in favore del lavoro autonomo per le professioni ordinistiche e tutte le prestazioni d’opera intellettuale definite dall’art. 2230 del codice civile.

La nuova normativa riguarda gli incarichi professionali conferiti dalla pubblica amministrazione, da imprese bancarie e assicurative e da qualsiasi impresa abbia più di 50 lavoratori o ricavi superiori a 10 milioni di euro. Per la PA peraltro gli incarichi non possono essere “co.co.co.” ma solo affidamenti a soggetti in regime di partita Iva.
In Sicilia la Regione, in autonomia, aveva già emanato 5 anni fa l’obbligo del rispetto dell’equo compenso per tutte le pubbliche amministrazioni sotto la propria vigilanza e controllo, secondo una regolamentazione deliberata dalla Giunta regionale (301/2018). Le disposizioni appena introdotte aggiungono l’esplicito richiamo al già vigente parere di congruità rilasciato dall’ordine professionale (art. 636 cpc), con valore di titolo esecutivo.

“Una legge attesa da anni che ho voluto riproporre a inizio legislatura e di cui sono orgogliosamente prima firmataria insieme al collega Morrone – ha dichiarato Giorgia Meloni -. Ringrazio tutti i deputati e i senatori per questo importante traguardo raggiunto volto a restituire dignità e giustizia a tanti professionisti a cui per troppo tempo sono state imposte condizioni economicamente inique”.

“Un compenso equo, proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto nel rapporto con la P.A. e con gli altri contraenti forti, rappresenta un diritto per i liberi professionisti, soprattutto giovani, per valorizzarne il merito e il talento”, ha detto il deputato della Lega Jacopo Morrone. “Questo testo, pur non ottimale, ha l’indubbio vantaggio di sancire un principio e mettere una pietra miliare, da cui partire per un lavoro di rifinitura e di miglioramento in sede di attuazione”.

“Oggi salutiamo con soddisfazione – afferma la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone – l’approvazione definitiva di una norma di civiltà, che rappresenta appieno la visione del governo sul mondo del lavoro grazie ad un primo intervento che punta a rendere sempre più universali le tutele per tutti i lavoratori, dipendenti o autonomi che siano. È un traguardo atteso da lungo tempo dai professionisti italiani. L’approvazione odierna rende merito agli sforzi compiuti in tal senso dalle organizzazioni di rappresentanza del mondo professionale e ringrazio gli onorevoli proponenti e il Parlamento per questo risultato. A breve riprenderanno gli incontri del tavolo lavoro autonomo presso il ministero del Lavoro nel quale esaminare e proporre ulteriori interventi sulla disciplina e a sostegno e tutela del comparto”.

“Ci sono mestieri, come quello del giornalista, mortificati negli ultimi dalla concorrenza selvaggia, al ribasso, che non ha soltanto penalizzato gli operatori e ingessato il mercato ma ha diminuito la qualità dell’informazione”. Così in una nota Paolo Emilio Russo, deputato e capogruppo di Forza Italia in Commissione Affari Costituzionali. “È estremamente positivo che la legge sull’equo compenso appena approvata riconosca anche i giornalisti tra i lavoratori che forniscono prestazioni d’opera intellettuale che hanno diritto ad una remunerazione equa, adeguata ‘alla qualità e alla quantità del lavoro svolto’.”

Il testo proposto da Fratelli d’Italia e dalla Lega è stato definitivamente approvato ieri dall’aula di Montecitorio con 213 voti a favore, nessun contrario, e 59 astenuti (Pd). La relatrice Carolina Varchi (FdI), deputata eletta in Sicilia e vicesindaco di Palermo, ha sottolineato lo scorso 4 aprile in Commissione Giustizia della Camera che, tranne una modifica tecnica necessaria per aggiornare un riferimento normativo in conseguenza alla riforma Cartabia, il testo “riproduce fedelmente quello approvato dalla Camera il 13 ottobre 2021 e dalla competente Commissione parlamentare del Senato nel luglio 2022, che a seguito dell’improvvisa fine della XVIII legislatura non era però potuto giungere all’approvazione definitiva. Anche nella votazione finale alla Camera del 25 gennaio 2023 si è registrata l’unanimità dei consensi”.

La nuova norma stabilisce la nullità delle pattuizioni che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata o che contengano particolari condizioni vessatorie, ed assegna un ruolo importante di tutela agli ordini e collegi professionali.

Tre gli elementi da considerare affinché il compenso del professionista possa ritenersi equo. Dovrà essere proporzionato tanto alla quantità e qualità del lavoro svolto che al contenuto e caratteristiche della prestazione professionale. Dovrà risultare conforme ai compensi previsti da specifici decreti ministeriali.

In merito alla corretta determinazione dell’equo compenso, il parere di congruità emesso dall’ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista costituisce titolo esecutivo, essendo “elemento di prova sulle caratteristiche, sull’urgenza e sul pregio dell’attività prestata, sull’importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell’affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti”. Previsto un indennizzo al professionista fino al doppio della differenza del compenso.

I parametri di riferimento delle prestazioni professionali saranno aggiornati ogni due anni su proposta dei Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali, che dovranno inoltre sanzionare il professionista che violerà l’obbligo del rispetto dell’equo compenso. Quest’ultima previsione è stata mantenuta nel testo della legge, benché durante il dibattito parlamentare siano state sollevate diverse obiezioni.

“Avevamo chiesto di cancellare le sanzioni al professionista che è parte debole del rapporto e non può essere pure sanzionato se non gli viene riconosciuto un equo compenso – dichiara Federico Gianassi, capogruppo del Pd in Commissione Giustizia della Camera, spiegando l’astensione dei Dem – e di estendere ancora la platea delle imprese obbligate a riconoscere l’equo compenso, abbassando i limiti dimensionali. Abbiamo ricevuto, da governo e maggioranza, solo un muro invalicabile”.

“Questa legge sull’equo compenso il Movimento 5 Stelle l’ha sempre sostenuta contribuendo a scriverla. È un provvedimento importante per riconoscere al mondo delle professioni un compenso almeno dignitoso, che sia parametrato alla quantità e alla qualità del lavoro prestato. Purtroppo a causa del modus operandi della maggioranza e del governo, rimane l’amaro in bocca, perché si poteva fare molto meglio”. Lo ha detto la deputata M5S Carla Giuliano nella dichiarazione di voto sull’equo compenso. “Si doveva cancellare la previsione delle sanzioni disciplinari a carico dei professionisti iscritti agli ordini che accettino un compenso non equo. È chiaro che con il testo voluto dalla maggioranza si colpisce la parte debole dell’accordo economico e si disincentiva quella stessa parte a denunciare ai giudici il torto subito. Davvero un’occasione mancata per fare di una legge urgente e necessaria anche un’ottima legge”.

La norma ha istituito inoltre, presso il Ministero della giustizia, l’Osservatorio nazionale sull’equo compenso, al fine di vigilare sull’osservanza delle disposizioni introdotte dalla riforma.

Infine, sono abrogate alcune delle precedenti norme in materia, tra cui l’articolo 19-quaterdecies della legge 4 dicembre 2017, n. 172 le cui disposizioni risultano assorbite e modificate dalla nuova legge.

Dario Fidora

Direttore responsabile