La protesta dei praticanti avvocati contro il rinvio sine die dell’esame di abilitazione
Hanno manifestato in sette città italiane i candidati avvocati contro la decisione del ministro della Giustizia Bonafede di rinviare a data da destinarsi le prove degli esami di abilitazione professionale.
“Martedì 15 dicembre 2020 avremmo dovuto sederci all’esame. Avremmo dovuto iniziare a costruire il nostro futuro professionale. Quel futuro non ci sarà e non sappiamo per quanto ancora”.
Dichiarano il loro no all’alternativa tra lavoro e salute e chiedono certezze al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede i candidati all’avvocatura che hanno manifestato lo scorso 15 e 16 dicembre in sette città italiane. “Lavoro e salute non sono in contrasto. La pandemia, infatti, non ha impedito l’abilitazione dei giovani professionisti, tranne quella dei praticanti avvocati”, affermano in una nota congiunta le sigle AIPAVV-Associazione italiana praticanti avvocati, Co.gi.ta-Coordinamento giovani giuristi italiani, Comitato per l’esame d’avvocato, Link-Coordinamento universitario, A.PRA Palermo e COPAVV-Comitato per la tutela dei praticanti avvocati di Vibo Valentia.

“Abbiamo voluto dare un segnale di unità nazionale dei praticanti il cui esame di abilitazione alla professione forense è stato rimandato con una decisione comunicata con un post Facebook del ministro Bonafede”, dice Giuseppe Marinaro, palermitano, uno dei ventimila giovani in Italia, mediamente tra i 26 e 28 anni, con in mano il certificato di fine pratica, e che in molti casi sostanzialmente svolgono già la professione in attesa della prova. “Gli esami prevedono tre prove scritte, terminate la loro correzione la commissione distrettuale predispone il calendario delle prove orali. La sospensione a causa della pandemia temiamo possa portare a sovrapposizioni delle procedure, in sostanza all’accorpamento tra i candidati 2020 a quelli del 2021. Chiediamo una gestione ragionevole nell’individuazione di commissari e commissioni e nello stabilire i calendari. Non vogliamo sconti e agevolazioni, ma nemmeno penalizzazioni. Qualora i contagi non dovessero calare riteniamo equo che venga prevista come per altre professioni ordinistiche una soluzione che non ci faccia perdere un intero anno di vita professionale perché il governo non riesce a trovare una soluzione alternativa. Vogliamo certezze”.
“Mentre gli altri Ministri del Governo – riporta la nota delle associazioni dei praticanti – alla luce dell’emergenza sanitaria riorganizzavano le modalità d’esame, anche per professioni i cui scritti sono altrettanto importanti, Alfonso Bonafede ha ritenuto le prove scritte un dogma intoccabile per i praticanti avvocati, attuando una sicura e plateale discriminazione. Perché? Semplice: il Ministro ha preferito assumere una linea compiacente verso quella cerchia più ristretta e corporativa dell’avvocatura, la quale, lontana dagli effetti dell’emergenza che sta invece falcidiando la maggior parte dei liberi professionisti, teme però la concorrenza dei colleghi più giovani. Questo trattamento di sfavore in continuità con altre miopi decisioni che stanno compromettendo il percorso professionale di migliaia di laureati, ha reso l’esame di abilitazione un terno al lotto: non si diventa avvocati se non si nasce nell’anno “giusto”!
A farne le spese sono tutti i cittadini. La tutela dei loro diritti, infatti, – continua la nota – è un interesse di primaria importanza e, come tale, dev’essere affidata a professionisti selezionati su base meritocratica e non generazionale. Condanniamo l’idea del Ministro per cui un trentenne debba continuare a vivere a debito. Vogliamo lavorare! Non c’è alcun futuro per il nostro Paese senza il lavoro delle giovani generazioni. Oggi è giunto il momento di smetterla con i ritardi e i rinvii: occorre dare risposte. Che il Ministro Bonafede – conclude la nota – adotti per i praticanti avvocati modalità d’esame che garantiscano la conclusione della sessione d’esame 2020 prima di quella prevista per il 2021″.
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