Riapre al pubblico il Castello di Maredolce, meraviglia della Sicilia arabo-normanna
Da domenica 2 agosto riapre a Palermo il Castello di Maredolce, luogo di riposo e di svago di emiri e re di Sicilia. Architettura, parco e lago rispondono nel complesso al tipo dell’agdàl persiano, il giardino recintato da uno specchio d’acqua.
Le visite, della durata di 30 minuti circa, saranno possibili dal lunedì al sabato dalle 9 alle 13, il martedì dalle 9 alle 18. La prima domenica del mese dalle 9 alle 13. L’ingresso è gratuito.
L’ingresso da Vicolo Castellaccio (zona via Emiro Giafar a Brancaccio) Al fine di consentire il rispetto delle prescrizioni previste dal contenimento dell’emergenza Covid ed evitare assembramenti, è consigliato effettuare la prenotazione al numero 380.1261925
Il castello di Maredolce o palazzo della Favara è un edificio palermitano in stile islamico, la cui architettura non sembra mostrare influenze normanne; la sua attuale struttura risale al XII secolo, e si trovava all’interno del parco della Favara (Fawwara “fonte che ribolle” in lingua araba), nel quartiere di Brancaccio.
Il palazzo, impropriamente detto “castello”, fu originariamente edificato durante la dominazione islamica della Sicilia, e faceva parte di un “qasr”, ovvero una cittadella fortificata situata alle falde di monte Grifone, probabilmente racchiusa entro una cinta di mura, che oltre al palazzo comprendeva un hammam (edificio termale o “bagno turco”) e una peschiera. L’edificio fu una delle residenze del re normanno Ruggero II, che secondo il primo riferimento testuale sull’esistenza dell’edificio, il Chronicon sive Annales di Romualdo Salernitano, avrebbe riadattato ai suoi scopi un palazzo preesistente, appartenuto all’emiro kalbita Jaʿfar nel X secolo durante la fase più prospera dell’Emirato di Sicilia.
Il palazzo, per volere di Ruggero II, venne circondato da un lago artificiale, che lo cingeva su tre lati, ed era immerso in un grande parco, dove Ruggero II si dilettava nella caccia. Il bacino, che aveva al centro un’isola di circa due ettari di estensione, venne ottenuto grazie a una diga composta da blocchi di tufo, che interrompeva il corso della sorgente del monte Grifone.

L’edificio ha pianta quadrangolare, e possiede al centro un cortile molto spazioso, dotato in origine di un portico con volte a crociera, del quale rimane solo qualche traccia. L’esterno è formato da blocchi di tufo con arcate a sesto acuto. Nel lato non bagnato dal lago artificiale si aprono quattro entrate, due delle quali portano alla grande Aula regia e alla “Cappella palatina”.
Nell’arco dei secoli il castello subì dai Normanni e dagli Svevi delle modifiche e fu trasformato in fortezza.
Nel XVI secolo la sorgente si prosciugò, e la peschiera divenne una fertile area agricola, ancora oggi esistente.
La struttura dell’adiacente ḥammām è dal XIX secolo inglobata in una palazzina, ed è riconoscibile con difficoltà.
La strada che conduce al Castello di Maredolce prende il nome di via Emiro Giafar, in ricordo dell’Emiro Jaʿfar, il Kalbita regnante in Sicilia durante la dinastia islamica.
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