Ingroia: “Il 19 luglio hanno parlato troppi che avrebbero dovuto tacere”
Antonio Ingroia, l’ex magistrato condannato a morte dalla mafia, a cui il governo ha tolto la scorta, il 19 luglio, anniversario della strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, ha deciso di non dire nulla.
È intervenuto, all’indomani, nel suo stile, senza se e senza ma, senza sconti per nessuno: “Giorno 19 luglio – dice Antonio – la strage di via D’Amelio, uno dei giorni più bui della storia del nostro Paese, ancora oggi troppo buio. Il Buio della menzogna di Stato e dei depistaggi di Stato. Il Buio nero della Strage di Stato. Sangue Nero”.
Ha taciuto il 19, ha parlato il 20 : “Il 19 luglio – sottolinea Ingroia – hanno parlato troppi che avrebbero dovuto tacere. Il 19 luglio 1992 non è stata la fine di tutto e poteva essere il principio di tutto ma non lo è stato abbastanza. Poteva nascere un’Altra Italia. E tanti italiani si sono ribellati al Sistema Criminale che aveva ucciso Paolo Borsellino e i poliziotti della sua scorta. In tanti abbiamo fatto tanto per cercare di essere all’altezza del lascito di uomini liberi, coraggiosi e determinati come Paolo Borsellino. Ma non ci siamo riusciti”.
“L’oggi – continua Ingroia – è desolante, l’Italia di oggi non è all’altezza dei migliori cittadini di ieri come Paolo Borsellino, la Magistratura non è all’altezza dei migliori Magistrati di ieri come Paolo Borsellino. Pochi, troppo pochi i cittadini e i magistrati che hanno seguito l’esempio di Borsellino, e quei pochi sono rimasti soli ed isolati dallo Stato assassino della oscena Trattativa con la mafia che si è abbeverato col sangue di Paolo Borsellino. E quei pochi erano e oggi sono troppo pochi per cambiare il nostro Paese e quello Stato nemico di Borsellino e che ieri fu pure suo assassino”.
La denuncia di Ingroia non lascia scampo, ma non chiude alla necessità di continuare la lotta: “Ma non bisogna arrendersi e rassegnarsi. Come mai Borsellino si arrese e si rassegnò, anche nei momenti più duri e terribili. L’importante è essere consapevoli della sfida come Lui lo era. Importante sapere che le commemorazioni non servono se non per denunciare la codardia e la complicità dei molti e l’isolamento dei pochi. Importante è non fermarsi a ieri, ma guardare l’oggi con la stessa fermezza ed intransigenza di Paolo Borsellino. Contro la politica codarda e opportunista, contro la magistratura omologata e carrierista”.
Un messaggio forte che cozza con chi continua a calpestare la vera lotta contro la mafia e continua a omettere o negare la trattativa mafia-stato.
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