La “regionalizzazione-secessione dei ricchi” contestata dall’USB. Manifestazione a Montecitorio contro il sistema scolastico regionale discriminativo

Manifestazione USB a Montecitorio contro regionalizzazione

Voluta fortemente dal PD, la riforma del titolo V della Costituzione approvata nel 2001, che ha molto ampliato le competenze delle regioni su materie essenziali, come la scuola, la formazione e la sanità, è lo strumento tecnico-politico concreto utilizzato per la costruzione del nuovo sistema scolastico regionale voluto dal governo gialloverde.

Costruzione che creerebbe evidenti differenze all’interno del sistema scolastico nazionale, considerato che la riforma dell’ art. V  ha già sottratto allo Stato l’esclusività in materia di istruzione, lasciando nelle sue competenze esclusivamente le “norme generali”, “i livelli essenziali delle prestazioni” e i “principi fondamentali”.
Sull’argomento, Il Gazzettino di Sicilia ha raggiunto telefonicamente a Roma, dove oggi è stata impegnata in un presidio davanti a Montecitorio contro la “regionalizzazione dei ricchi”, la professoressa Claudia Urzì del Coordinamento nazionale USB Scuola e responsabile della Federazione del Sociale USB Sicilia.

Manifestazione USB a Montecitorio contro regionalizzazione

“Senza opposizione in Parlamento – dichiara la sindacalista catanese – il governo Lega-5 Stelle ha la strada spianata per attuare i progetti di regionalizzazione che, oltre dal Veneto, dalla Lombardia e dalla Emilia Romagna, possono contare sul sostegno da parte del Piemonte. I progetti hanno lo scopo prioritario di mantenere il gettito fiscale all’interno delle regioni ricche del Nord, in assoluta violazione del principio di redistribuzione, che trova fondamento nella Costituzione. Peraltro in un paese dove tanto peso ha avuto la migrazione interna della forza lavoro e dove la ricchezza del Nord è stata costruita anche e soprattutto dalle lavoratori e dai lavoratori emigrati dal Sud”.
“Con la regionalizzazione della scuola – denuncia la combattiva professoressa – e il conseguente passaggio del personale neoassunto non più allo Stato ma alla Regione, si creerà un sistema in cui ai tantissimi dei docenti da anni “esiliati” al Nord diventerebbe impossibile il rientro nella propria terra, creando ulteriori difficoltà e sofferenze dopo quelle provocate dalla renziana Legge 107. In questo contesto di regionalizzazione sappiamo benissimo come le lavoratrici e i lavoratori della Formazione regionale sono pagati meno rispetto a quelli statali. Ciò significa che con la regionalizzazione gialloverde, in occasione della modifica/rinnovo dei contratti si inseriranno clausole che favoriranno la precarietà, la licenziabilità e la ricattabilità dei neoassunti “docenti regionali” da parte dei capi di istituto.
Inoltre, legare la distribuzione dei fondi statali in base e in funzione della ricchezza dei cittadini di una certa area geografica, è un pericolo rispetto agli organici, alla mobilità della scuola, ma anche rispetto allo stesso servizio erogato”.
” La mobilità – conclude Claudia Urzi’ –  potrebbe  determinare  accordi tra regione e regione o tra Stato e regione o tra regione e privati. Accordi dove in alcune regioni una parte dello stipendio degli insegnanti dipenderebbe dai contratti di secondo livello, da incentivi e da premi che farebbero lievitare gli oneri fiscali per i contribuenti, dove l’ente regionale diventerebbe il datore di lavoro dei nuovi docenti a fronte di lavoratrici e  lavoratori nelle medesime scuole che rimarrebbero dipendenti statali, con la presenza di differenti categorie che fanno lo stesso lavoro”.

Manifestazione USB a Montecitorio contro regionalizzazione

Le dichiarazioni della professoressa Urzì  ci  richiamano alla mente le gabbie salariali, o come furono chiamate inizialmente “zone salariali”, introdotte in Italia con l’accordo interconfederale del 6 dicembre 1945 dalla Cgil  (al quel tempo l’unico sindacato ricostituito dopo la caduta del nazi-fascismo) e dalla Confindustria. Ed è stato il proletariato del Sud la vittima di questo sistema salariale, fondato sull’intollerabile condizione imperante di bassi e diversificati salari. Accadeva, ad esempio, che a Torino, nella Fiat, un operaio di Torino aveva uno stipendio superiore ad un operaio immigrato proveniente da Catania, nonostante i due svolgessero esattamente le stesse ore di lavoro e il medesimo lavoro. La storia si ripete, quindi?

Contro la “regionalizzazione-secessione”, oggi, a Roma, di fronte a Montecitorio si è svolto un combattivo presidio di protesta che ha visto protagonisti, oltre l”USB, fra gli altri, Noi Restiamo e Potere al Popolo.

Manifestazione USB a Montecitorio contro regionalizzazione