Caos Palermo: colpire i responsabili come i mafiosi

Le parole di Giuseppe Bellusci hanno squarciato le residue speranze di chi, spinto dalle ragioni del cuore e riposto la ragione dentro al comò, continuava ad illudersi che dietro alla cessione del Palermo non dovesse esserci a tutti i costi un’operazione simile ad un film del compianto Totò.

Lo sfogo del giocatore merita rispetto, perché rappresenta il primo e concreto atto di verità che proviene dall’interno, quella ribellione che Rino Foschi aveva solo accennata nell’intervista audio di Michele Sardo da noi pubblicata, salvo poi compiere tutti i prudentissimi passi indietro, tipico di quel comportamento omissivo che un professionista del suo calibro – che peraltro ha sbandierato a destra e a manca il suo amore per Palermo – avrebbe dovuto risparmiarsi.
Perché Foschi, al contrario di Bellusci e di tutti gli altri suoi compagni di squadra, non poteva non sapere cosa aveva architettato il suo ex datore di lavoro e sodale di altre perlomeno dubbie pagine della recente storia calcistica di questa società.
La rabbia di Bellusci è quella di chi si sente tradito e ne ha ben ragione perché è lo stesso sentimento che coltiva la maggior parte di chi in questa città si accosta al calcio per il gusto di vedere una partita, senza interessi collaterali di alcun genere. É la rabbia di una città che troppo ha tollerato le parole di giuda di chi ha giocato con bilanci e sentimenti, mettendoli alla stessa stregua, raggirandoli entrambi sino alla mazzata definitiva.
Ha ragione chi sostiene che nelle pagine di Omero ci sia la storia dell’uomo, il manuale eterno dei comportamenti, il compendio di vizi e virtù della razza a cui apparteniamo. La sceneggiata all’inglese si sta rivelando la versione moderna del cavallo di Troia lasciato in via del Fante come il più funesto dei regali. La missione adesso è a tutti evidente, bruciare i debiti, azzerare le responsabilità. Effetto collaterale più che probabile: spingere il Palermo al fallimento.
Benedetto il pareggio con il Foggia se questo è servito a mettere a nudo le sfumature più nascoste di questa vicenda che ancora riserverà sorprese. Gli atti giudiziari e questo ridicolo epilogo fatto di blablabla e poco altro dimostra che il Palermo è la parte lesa e non il beneficiario di condotte maldestre che i tribunali faranno bene a stabilire quanto prima se si dovranno addirittura definire truffalde.
È parte lesa la componente sportiva che da tale situazione non ha tratto vantaggio alcuno e che anzi si sospetta abbia avuto sottratto risorse. È parte lesa ciò che il Palermo rappresenta, cioè una città, la quinta municipalità di questo bistrattato Paese in cui aggirare le leggi è condotta diffusa, per costume ormai consolidato ma anche perché aleggia da anni un permissivismo giudiziario e normativo che lascia liberi troppi varchi. E il calcio è la metafora perfetta di tutto ciò. Leggi inefficaci, giustizia arcaica, concetti giuridici superati, incapacità di stanare i colpevoli, misure di prevenzione superdatate.
I responsabili di questo sfascio, costruito negli anni nel colpevole silenzio generale, hanno nomi e cognomi. Facciano in fretta ad andare a casa loro, che si provi a riprendere il maltolto perché certa gente deve essere colpita nel portafoglio, come i mafiosi. Toccata nell’unico valore che riconoscono e messa per sempre nella condizione di non nuocere. Con i Pastore e i Cavani, con Vazquez e Dybala, Toni e Corini, abbiamo goduto, è vero. Ma nel ciclo di una storia quel godimento è assimilabile ad una sveltina. E noi aspiriamo al vero amore, quello di cui essere orgogliosi ogni giorno, quello che non tradisce e che sa alimentare la passione.
Le porcherie della scorsa estate sono state momenti di distrazione di massa. I casi Parma e Frosinone il fumo negli occhi a quella maggioranza che si è accontentata di vivere bendata, gustarsi i bei ricordi e ha preferito non accorgersi quanto fosse vicino il burrone. Tuttavia appare sterile il duello rusticano, prevalentemente via social, tra chi aveva visto bene e chi no, tra chi è più tifoso di un altro. Con tutto il rispetto, la strada della salvezza del Palermo non passa dalle curve e nemmeno da facebook. Se come è vero il Palermo è parte lesa, che Palermo si mobiliti, in testa il sindaco e le forze sociali, per difendere questo suo patrimonio e per creare le condizioni affinché ci sia un futuro. E che i debiti se li paghi Zamparini o chi per lui.