Francese ha vinto e la mafia ha perso: ecco il verdetto del Santa Cecilia
Cosa ci ha lasciato in eredità quest’anno il premio Mario e Giuseppe Francese.
Prima di ogni cosa la consapevolezza che per la prima volta sia stata veramente fatta giustizia. In tutti i sensi. E che quell’alone di sufficienza che ha spesso permeato la commemorazione del cronista del Giornale di Sicilia sia per sempre svanito.
Non è cosa da poco, specie se si considera che oltre all’omicidio che ha stroncato la vita di Mario, la famiglia Francese ha pagato un prezzo molto più alto e che la loro esistenza è stata segnata oltre ogni immaginazione dal lucido martirio di Giuseppe. Una tragedia che, proprio dal punto di vista dell’esistenza di chi è rimasto a versare lacrime e a farsi domande, è stata superiore a quella di qualsiasi altra famiglia investita dalla barbarie mafiosa.
Il 2019 mette un punto definitivo sul passato. E non è retorica sottolineare i meriti di Giulio Francese che come figlio e custode della memoria paterna è stato unico e quindi anche migliore che come giornalista. Che oggi sia presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia è del tutto ininfluente rispetto alla partecipazione attiva che ha ricevuto dai colleghi di ogni generazione a supporto di un’iniziativa che potrà davvero diventare un dei momenti di maggiore denuncia sociale contro la mafia. Se ci è consentito, superiore anche al 23 maggio o al 19 luglio che pure sono date che in Sicilia non saranno mai dimenticate ma che sembrano ormai incastonate nella retorica istituzionale.
Dell’edizione 2019 del premio Francese, che commemorava i 40 anni dall’agguato mortale di viale Campania, resta anche l’impegno degli studenti nei seminari che hanno preceduto la giornata del Santa Cecilia.
La mia è una testimonianza diretta, ho avuto l’onore di coordinare gli incontri al liceo Galilei di Palermo. Ne sono uscito arricchito più di loro perché in quelle aule – e non soltanto in quelle – c’è aria fresca. E questo conta più di qualsiasi sapere abbia potuto loro trasferire.
Se il premio a Lucia Goracci, straordinaria inviata della Rai, è un suggello alla carriera, più emozione hanno suscitato i riconoscimenti andati a Paolo Borrometi e ad Alessandro Bozzo. Per il cronista siciliano che vive sotto scorta dopo le svariate minacce della mafia l’abbraccio dei giovani e delle istituzioni è l’unico sollievo che può regalargli questa terra infame che fa vivere nel terrore un uomo che ogni giorno compie il proprio dovere.
Andrea Bozzo il calore della platea l’ha regalato alla sua famiglia. È tornato tra noi grazie alla sensibilità di Lucio Luca, un collega de La Repubblica, che l’ha reso immortale grazie alle pagine del suo libro (L’altro giorno ho fatto 40 anni – Laurana editore). Ripercorrerne i suoi giorni, come il più struggente dei diari, è stato un omaggio, il più straordinario che ogni umano possa aspettarsi, quello cioè di non avere vissuto invano, di non essere morto invano.
Per tutto ciò che si è visto al Santa Cecilia possiamo azzardare che Francese ha vinto e la mafia ha perso.
L’ultima nota è proprio per il Santa Cecilia, magnifico contenitore dell’evento. È un teatro unico nel suo genere, come pochi in Italia. Per caratteristiche può diventare il punto di aggregazione civica di Palermo e musica e teatro i pretesti per tenere insieme le anime gentili di questa disgraziata città. Non dimentichiamo di dire grazie a Ignazio Garsia, Fabio Lannino, Rosanna Minafò che primi fra tutti stanno trasformando questa sala in una scatola magica.