Di Maio contro i giornalisti: il silenzio inquietante dei grillini di Sicilia
La reazione contro i giornalisti di Luigi Di Maio, azionista di maggioranza del governo italiano, è a favore di telecamera, come si dice in gergo. Un giochino che funziona sempre, sfoderare il profilo migliore quando si sa di essere inquadrati.
Non è tanto la verginità, morale e politica, di Virginia Raggi che gli interessa quanto spostare banalmente il centro dell’attenzione sull’iniquo comportamento di questo esercito di puttane, sciacalli e creatori di bugie rappresentato dai giornalisti. Come se fossero state le puttane e gli sciacalli ad aprire un’inchiesta e a indagare la sua sindachessa e non la magistratura.
La colpa accessoria quale sarebbe, orientare l’opinione pubblica creando fake news? Posto che le notizie altro non sono che il resoconto di ciò che è finito dentro all’inchiesta, ma ha proprio intenzione di affrontare l’argomento fake che è stato il seme che ha prodotto il raccolto dei Cinquestelle della scorsa primavera?
Non il principale, è giusto ammetterlo, perché senza anni e anni di tracotanza e inconsistenza politica il fenomeno del grillismo sarebbe rimasto confinato nei commenti dei bar di periferia dopo il terzo cicchetto. Si comprende anche che ciascuno applica i propri e soggettivi codici di comportamento elevandoli a regola universale, per cui oggi il vice premier e capo del primo partito italiano si può permettere un’invettiva senza precedenti basata sul principio che la maggioranza di questi sciacalli e puttane inventerebbe notizie pur di nuocere al suo governo (e mi freno per lasciare a casa ogni aggettivo). Che equivale a pensare che un pediatra pur di favorire la vendita del vaccino sia capace di infettare i suoi piccoli pazienti.
Di cose di identica portata Di Maio ne ha dette anche prima di vincere le elezioni e colpevolmente sono state sottovalutate da parte di chi non capì allora – e forse neanche adesso – la pericolosità di una incombente ipnosi collettiva. E comunque, sentirle dire da uno che ha in mano la guida del Paese adesso provoca qualche brivido in più.
Dispiace che si possa pensare ad una difesa d’ufficio della categoria, pensiero che non ci sfiora neanche lontanamente, consapevoli del valore morale di molti e della mediocrità di altri e della fine di un certo tipo di rigore professionale che, Di Maio mi creda, i profeti del casaleggismo hanno contribuito a determinare, si spera in una maniera non irreversibile, specie nel personale addetto alle nuove forme di comunicazione. Vuole l’elenco di tutti i blog sparsi in Italia e di tutte le finte testate giornalistiche a disposizione della propaganda del suo partito?
Ogni regime ha avuto alle sue basi una forma di manipolazione delle coscienze che è partita da un giusto atto di ribellione prima di prendere la deriva più aberrante. E quelle di Di Maio sono parole da parodia di regime.
E appare mortificante il raggelante silenzio di quelle tante persone perbene che si sono aggregate al grillismo, alla guisa di innamorati che non si rassegnano di fronte all’essere un po’ mignotta dell’amata, convinti che “con me cambierà”.
In Sicilia, ad esempio, tace Giorgio Trizzino – che pure sulla questione vaccini aveva fatto sentire la sua voce dissonante – come se questa vicenda fosse secondaria. E tace, nel suo piccolo, anche Ugo Forello, speranza palermitana di un Movimento più laico e meno prono alle indicazioni della trimurti (perché oltre a Di Maio e Casaleggio c’è di ritorno anche Di Battista). E tacciono tutti quei simpatizzanti e quei militanti che su facebook ogni giorno ci cantano la loro messa, incapaci di capire che l’autonomia della stampa, come della magistratura, è garanzia della loro libertà di cittadini. E che certe derive vanno fermate perché tolgono ossigeno alla democrazia, anche quando ti arrivano all’orecchio cose che non vorresti sentire perché mettono in dubbio le scelte di appartenenza.
È stato sempre un vizio di chi è appartenuto a partiti-chiesa ritenere che la difesa della propria parte fosse più importante dei princìpi generali. Pensavamo di esserci liberati della doppia morale con il pensionamento dell’ortodossia democristiana e comunista, ma ovviamente non è così. Ecco perché la voce dei Trizzino e dei Forello e quella dei tanti loro sodali del cospicuo bacino siciliano sarebbe importante da sentire, prima ancora di parlare di quanto è scarso o in malafede un giornalista di quel giornale o di quell’altro.