Palermo, stadio vuoto? Citofonate a Zamparini

Alla fine probabilmente ha ragione Stellone: con il Barbera stracolmo il Palermo la partita contro il Venezia l’avrebbe portata a casa. Una maniera gentile per sottolineare il distacco ormai perentorio tra buona parte del pubblico e chi gestisce il Palermo.
Con tutto il rispetto per Stellone e per chi veste la maglia rosanero, ha ragione anche Michele Sardo, simbolo di tutti i palermitani che, tra le mille sofferenze sportive che l’astinenza da stadio infligge, ha deciso di tagliare i ponti con il vecchio Zampa e restarsene a casa.
Un atto di ribellione civile, argomentato, che accomuna nella punizione il mittente e il destinatario perché dietro la rinuncia ai 90 minuti da vivere in presa diretta ci sono le ragioni della mente che il cuore non può comprendere. Si limita all’obbedienza, il cuore. Affievolisce il battito e tira avanti rinunciando alle palpitazioni che l’emozione produce.
Pensate un po’, ha ragione anche Flavia Santoro, simbolo della fazione che nonostante tutto continua a frequentare lo stadio e rivendica dal suo gruppo su Facebook la libertà di esserci, nonostante l’odio verso Zamparini sia merce condivisa con la parte che ha fatto invece prevalere l’istinto del vaffa. Flavia c’è e ostenta con orgoglio i suoi simboli, quasi che quella maglietta rosa un tempo vessillo d’appartenenza oggi sia la corazza che deve preservarla dalle numerose frecce che tentano (invano) di scalfirle la passione.
Hanno ragione tutti, ciascuno con le proprie motivazioni, ma il dato è che nello stesso tempo in cui mio figlio ha lasciato le elementari per cimentarsi con il diritto privato, il Palermo ha perso circa l’85% di quella marea rosa che l’ha sospinto in Europa da matricola della serie A e che aveva fatto diventare il Barbera un catino infuocato in cui qualsiasi avversario poteva uscire con le mutande a brandelli. Se un prodotto perde quasi per intero la sua utenza in così pochi anni, non c’è tanto da stare a ragionare: significa che chi ha amministrato l’impresa è un pollo. Ciò, ovviamente, se restiamo dentro il recinto delle norme e del diritto. I casi contrari – che anche nel calcio sfuggono alla comune comprensione e sono segnati da transazioni sospette e giochini finanziari – li lasciamo ai giudici e alle sentenze.
A forza di sentire dire che gli stadi devono essere salotti, il nostro vecchio e caro friulano deve averci creduto per davvero applicando alla lettera tutti quei passaggi che sono diventati presupposti ideali per potersi salutare da curva a curva, da gradinata a tribuna. Se Zamparini fosse il manager di questa società sarebbe stato mandato via a pedate dai soci azionisti, con tanto di marchio d’infamia. Invece ne è il proprietario e questo, piaccia o meno, cambia radicalmente le cose. Può fare e disfare e permettersi anche di giocare con la passione popolare, persino con la compiacente pacca sulle spalle di chi rappresenta la città di Palermo e a cui si può perdonare di non capire un acca di calcio ma il mostrarsi quasi solidale con chi calpesta il più trasversale e diffuso patrimonio condiviso di una comunità.
Non sono ammessi distinguo del tipo “nonostante tutto abbiamo appena sfiorato la serie A e siamo competitivi anche quest’anno”. Tale verità è l’ennesima colpa che grava sulle spalle di Zamparini, incapace di fare anche i suoi interessi (la promozione determina una cascata d’oro) e di allestire una squadra che vada poco oltre gli scarti di quella di tre stagioni fa. E se ancora c’è qualche elemento al di sopra della media è perché non è riuscito a trovare acquirenti, nonostante le intenzioni ampiamente dichiarate. Sul fatto che sia stato un benefattore del calcio a Palermo, non si discute, la storia non si cambia. Ciò che invece muta è il giudizio storico che si fonda sulla cronologia dei fatti. È la somma dei giorni che determina una reputazione e ci consente sempre di non essere avventati e severi oppure nostalgici e buoni. L’addizione ci dice che alla stagione dei sogni ha fatto seguito quella del tradimento. E non usiamo la parola intrallazzo solo per l’infinito rispetto verso le dinamiche della giustizia, per cui sino a sentenza contraria chiunque è galantuomo. La nostra speranza? Zamparini dichiarato innocente, ma finalmente lontano da Palermo. Al momento su entrambe delle due ipotesi sarebbe un azzardo puntare un euro.