Il triste Ferragosto dell’Italia che crolla

Pioggia come lacrime, triste Ferragosto 2018. Surreale, spaventoso, misero. L’Italia crolla, e quel ponte di Genova ne è simbolo concreto, tragico, sconvolgente.

Simbolo di un’Italia che crolla anche fisicamente, oltre che moralmente. Quando ancora si cerca di trovare e salvare i feriti, quando i morti non sono stati ancora trovati e pianti uno ad uno, lo spettacolo dei nostri governanti non è meno mostruoso di quel crollo.
In un Paese civile e non retrogrado si partirebbe dal dramma e dal dolore per ricostruire. Ci sarebbe un moto unitario, al di là degli steccati politici, per ripartire. Per far sì che quelle vittime non siano vane: ricostruire un’Italia che crolla.
Invece no. Come nel medioevo, l’Italia retrograda che guarda invariabilmente al passato, cerca “il colpevole”. Governanti, capi politici, ministri, attizzano l’odio. Parlano di punizioni esemplari prima ancora di capire dove si è sbagliato, dimenticando che tutti noi italiani siamo colpevoli del disastro di Genova.
È crollato un ponte che era ormai un antiquariato del XX secolo a fronte dello sviluppo dei trasporti da XXI secolo. Era un ponte tra la riviera di Levante e quella di Ponente. Era un ponte celebrato quale avveniristico quando fu realizzato. Fatti salvi gli eventuali, e a tutt’oggi non provati, problemi di costruzione e manutenzione, era un ponte diventato strategicamente obsoleto per un evidente salto tecnologico ed economico realizzato in Italia e nel mondo negli ultimi 50 anni: traffico molto più intenso, veicoli molto più pesanti, urbanizzazione molto più densa. Nel bel mezzo di un’Italia che dice no al progresso, che vuole tornare ai dazi e alle autarchie autoritarie del passato. [ Link ]