Addio a Rita Borsellino: l’abbraccio con Paolo è la condivisione di un ideale di vita

rita borsellinoSe n’è andata Rita, la donna che visse due volte. La sua prima vita è sconosciuta alla cronaca, la seconda cominciò a 47 anni, il pomeriggio di via D’Amelio quando decise che il cognome Borsellino sarebbe stato ancora simbolo della cultura della legalità e della lotta alla mafia. Anche se Paolo era stato carbonizzato da poche ore nel budello di una poca nota stradina in zona Fiera, per quello che sarebbe stato l’ultimo omaggio alla madre. Anche se di politica la famiglia non s’era mai occupata. Anche se in molti provarono a dissuaderla dal varcare il confine del privato, perché sotto i riflettori della politica, nonostante il nome o forse a causa di esso, non avrebbe trovato soltanto applausi.
Cominciò abbracciando la causa di don Ciotti con l’associazione Libera con la quale riuscì a centrare l’obiettivo fondamentale dell’approvazione della legge sull’uso sociale dei beni immobili confiscati alle mafie. Furono anni entusiasmanti, a contatto con gli studenti delle scuole di tutta Italia, a raccontare di Palermo e della Sicilia e di quella ferma volontà di riscatto che segnava la nuova stagione della sua terra.
Sulla scia di un consenso che sembrava trasversale tentò l’impresa delle imprese: battere Totò Cuffaro nella corsa alla presidenza della Regione. Le finì meglio di Leoluca Orlando, ma sempre schiacciata dalla macchina da guerra del campione dell’intero centrodestra siciliano, forte mai come allora e non solo a livello regionale.
Non fu presidente della Regione e neanche sindaco di Palermo, nonostante tutto facesse pensare ad una facile cavalcata dopo gli anni contestati di Diego Cammarata, costretto persino dalla sua stessa coalizione alle dimissioni anticipate. Era il 2012, Forza Italia nettamente ridimensionata, il centrodestra spaccato, la benedizione di Orlando: tutto giocava a suo favore. Ma in poco più di un mese accadde l’imprevedibile. Il Partito Democratico impose le primarie, auspice Davide Faraone “compare rottamatore” di Matteo Renzi già dalla prima ora. Ferrandelli lasciò Orlando e l’Idv, e accettò l’alleanza con la corrente Cracolici e la dote non ufficiale di consensi trasversali (si disse la truppa lombardiana di Palermo). La Borsellino, contro il parere di Orlando, accettò la sfida, ruppe con il Pd e si candidò alle primarie. Il resto è storia, vince Ferrandelli, perde Rita. Da lì la scelta di Orlando di rompere il patto con il centrosinistra e andare da solo, senza proporre il ticket che era stata più di un’ipotesi.
Tra i due nessun chiarimento, del resto i sentimenti prevalenti erano affetto e rispetto che fanno rima tra di loro ma non con la parola stima che in politica presuppone qualcosa di più di un’affinità elettiva. In quella circostanza Rita scelse il consiglio sbagliato: non ripudiare le primarie e le dinamiche poco chiare che le circondavano. Oppure, chissà, forse la sua opzione fu quella vincente, cioè lasciare i giochi di palazzo a chi ne sapeva più di lei.
Ovviamente quell’atto di ribellione dal partito egemone le costò anche la ricandidatura al Parlamento Europeo, dove grazie al Pd, trascorse gli unici 5 anni all’interno delle Istituzioni rappresentative. Non se ne lagnò mai con nessuno e non per stile o per orgoglio. Sapeva di potere essere utile alla Sicilia anche ricominciando da dove s’era fermata, girando per le scuole e portando come un bagaglio sempre più leggero il suo racconto di legalità. Una presenza costante, come quelle zie sagge e suadenti che sanno dirti la parola giusta anche nei momenti di sconforto, sentimento con il quale dalle nostre parti hai a che fare ogni giorno. Perseverante come Paolo, battagliera come Salvatore, accogliente e riservata come mamma Maria Pia e come tutta la genìa Borsellino che recepì dal dna materno la forza d’animo, Rita ha vinto la sua battaglia senza mai incassare la vincita. Sarebbe stata un buon sindaco o un efficace presidente della Regione? Non lo sapremo mai e poco importa. Ci piace pensare che l’abbraccio con il tanto amato Paolo oggi sia il momento più alto di un percorso, la condivisione di un ideale di vita.