Malagò elogia il presidente del Frosinone

Ha ragione il giudice Mario Conte, il tweet del presidente del Coni, Giovanni Malagò, è davvero inguardabile. Anch’egli, come molti dei commentatori nazionali, preferisce ignorare cosa è accaduto nella serata di Frosinone, quasi che la serie A dovesse rappresentare il giusto risarcimento per una squadra che ha buttato la promozione lo scorso anno e ancor di più qualche settimana fra proprio all’ultimo minuto. Risarcimento di che, sarebbe lecito chiedersi. Come se pagare i propri errori non fosse una regola di vita. Ma tant’è.

Ad essere sinceri a noi Malagò non ci ha mai incantato, rappresenta quella parte di borghesia che a Roma ha vissuto e prosperato attorno ai circoli, riccastro per discendenza grazie alla concessionaria di auto di lusso. E sarà perché da un venditore di auto – come dicono proprio a Roma – ti aspetti sempre la sola che Malagò l’abbiamo visto con quel misto di incredulità e sospetto che genera chi nella vita ottiene risultati che vanno al di là della logica. Perché che la presidenza del Coni, da sempre una poltrona di potere e glamour, fosse appannaggio del presidente del Circolo Aniene di Roma non era proprio scontato.

E invece Malagò ha chiamato a raccolta tutti i suoi simili sparsi per l’Italia che stavolta si sono messi in proprio e invece di dare conto alla politica hanno gestito bene la loro rete di relazioni e si sono presi il Coni. Il Circolo Aniene, quello della gente che conta, i cui membri sono “men only” e le donne hanno accesso solo per meriti sportivi, il circolo che ha saputo fare lobby e concretizzare così la scalata al potere. Malagò è forte anche in Sicilia, regione che nelle politiche sportive è abituata a schierarsi con i vincenti. Tanto forte che, dicono malignamente dalla sede Rai di viale Strasburgo, riuscì a spianare la strada all’attuale caporedattore della redazione siciliana Roberto Gueli, capace di superare la concorrenza di un collega di area dem in pieno governo Renzi.

Giovanni Malagò, marito per un periodo dell’attrice Lucrezia Lante della Rovere e padre delle sue gemelle, socio di Lupo Rattazzi la cui madre – Susanna Agnelli – lo aveva ribattezzato Megalò. Questo qualcosa vorrà pur dire e forse ci aiuta a capire il senso di quel tweet perlomeno opinabile perché proveniente da parte di chi dovrebbe applaudire i princìpi che ispirano lo sport ancor prima che i risultati e come essi siano ottenuti.

Sapete, si tratterà di affinità elettive. Perché il presidente tanto elogiato, proprio quello che a fine partita era quasi scocciato dal dover rispondere in diretta televisiva delle magagne da campetto di provincia dei giocatori della sua panchina, un po’ Megalò lo è anche lui. Tanto da costruire lo stadio in occasione della scorsa promozione in serie A e intitolarlo a suo padre, imprenditore e presidente del Frosinone di qualche decennio addietro. Cosa che neanche Berlusconi avrebbe azzardato. Il Cav con i soldi suoi organizza un torneo estivo tra le big del campionato e lo intesta al padre, ma allo stadio, ne siamo sicuri, non ci avrebbe mai pensato.