Mameli, storia del precariato più lungo di sempre: Fratelli d’Italia divenne Inno Nazionale “stabilizzato” solo dopo 71 anni
Il nostro vecchio e caro Inno di Mameli. Altrimenti detto Fratelli d’Italia oppure Canto degli Italiani, quello per cui i calciatori fanno finta di commuoversi, stonando ogni nota e storpiando le parole (chi di loro, per esempio, conosce il significato di coorte che non è corte con la O allungata per ragioni di metrica…), quello per cui ogni giornale italiano appena pochi giorni fa ha massacrato Roberto Fico, reo di averlo ascoltato, lontano da ogni forma di retorica, immobile e distratto e con la mani in tasca. Quello per cui la parte tendente al fascio del nostro Paese doveva far finta di entusiasmarsi mentre i rossi, di palato più fine, ne agognavano la sostituzione con il Va’ Pensiero di Verdi che in quanto a pregio artistico oggettivamente non teme concorrenza.
Un Inno che peraltro è impropriamente attribuito solo a Goffredo Mameli, che è l’autore del testo, un Mogol d’antan (senza offesa per Mogol che di capolavori ne ha scritti a centinaia) che fu coadiuvato per la parte musicale da Michele Novaro. Un canto risorgimentale composto all’alba del 1847 che, negli anni della monarchia, non trovò la sua consacrazione, rimpiazzato dalla Marcia Reale di casa Savoia e solo nel 1946 (per la precisione il 12 ottobre) divenne inno nazionale. Ma solo pro tempore. Sorpresi? Per farlo diventare ufficiale a tutti gli effetti era necessaria un’iniziativa parlamentare, una legge che ne normasse l’uso. Che ci crediate o no, il Mameli è ufficialmente Inno Nazionale dal 4 dicembre scorso. Ci sono voluti 71 anni e 2 mesi affinché l’Inno di Mameli uscisse dal precariato, il più lungo percorso di stabilizzazione dell’Italia repubblicana.