La Scuola di Palermo si ribella alla prepotenza di Sgarbi

Anche da ex assessore, Vittorio Sgarbi continua a far parlare di sé in Sicilia. A raccontare il casus belli, che ha come protagonista la mostra in corso a Palazzo Riso, dedicata alla Scuola di Palermo, sono gli stessi protagonisti dell’esposizione, gli artisti Alessandro Bazan, Francesco De Grandi, Fulvio Di Piazza e Alessandro Pinto, insieme al curatore della mostra, Sergio Troisi.

“Nella convenzione con il Museo Riso – scrivono i cinque in un post sui social – a proposito della mostra su La Scuola di Palermo è indicato esplicitamente che la Sala Kounellis è esclusa dal percorso anche per la clausola stipulata con l’artista al momento della acquisizione dell’opera. Seguendo queste indicazioni, progettiamo l’allestimento in modo da collocare, nella sala adiacente alla sala Kounellis, opere che si relazionano con rispetto al vuoto e al silenzio dell’opera di Kounellis”.

“Il giorno della preview – prosegue il racconto a mezzo social dei protagonisti della vicenda – incorrendo in un equivoco grottesco, Sgarbi scambia le opere collocate nella sala per terra pronte per essere imballate in quanto non comprese nel percorso, per dipinti in qualche modo in mostra. Le ricolloca adagiandole alle pareti e chiede che rimangano così, a dispetto del percorso ideato dai curatori insieme agli artisti e di ogni elementare norma di sicurezza”.

“Il giorno della inaugurazione, a cui non è presente, avendo saputo che questa sua indicazione non era stata rispettata, minaccia, come riportato in virgolettato dalla stampa, di chiudere l’esposizione, non si comprende in quale ruolo, se le sue indicazioni non saranno seguite. Al nostro diniego in nome della nostra autonomia e della volontà dello stesso Kounellis, Sgarbi predispone in poche ore l’allestimento di un’altra mostra, scavalcando totalmente la direzione e, fatto ancora più grave, sovrapponendo al suo ruolo di amministratore della cosa pubblica i suoi interessi privati di curatore, disponendo del museo come cosa sua”.

“Inserisce – concludono i cinque – all’interno della sala al primo piano dedicata alla Scuola di Palermo un grande pannello con un suo testo sulle due mostre, ancora una volta forzando con protervia il disegno dei curatori e degli artisti, neppure avvertiti dalla direzione di tale intromissione indebita”. Quello che si dice, insomma, il potere della cultura.