Crisi idrica, i geologi: “Lavorare sulle reti, in alcuni comuni siciliani ancora perdite superiori al 60%”

Contro l’emergenza idrica in Sicilia “l’anno scorso si parlava di realizzare nuovi invasi, quest’anno si parla di dissalatori, ma nessuno vuole prendere coscienza del fatto che la Sicilia possiede dei bacini idrogeologici che poco risentono dei periodi di siccità e sono potenzialmente in grado di soddisfare le nostre esigenze, peraltro con impegni economici sostenibili e tempi per la realizzazione di nuovi pozzi molto più contenuti rispetto ad altre opere faraoniche”. Lo afferma in un comunicato Fabio Tortorici, Presidente della Fondazione Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi.

Secondo Tortorici, per evitare una crisi idrica “si deve agire su tre fronti: è necessaria una veloce e indifferibile rivisitazione delle norme che regolano la concessione e lo sfruttamento delle acque superficiali e sotterranee, poiché il Testo Unico in vigore risale al lontano 1933″. Poi “dovremmo avere una misura puntuale delle nostre reali esigenze, degli eccessi e degli sprechi con cui la preziosa risorsa viene sottratta dalle falde, alterandone gli equilibri”. Infine “bisogna investire maggiori somme per risolvere il problema delle reti (sia irrigue che ad uso potabile) e degli invasi colabrodo: in parecchi Comuni siciliani si registrano ancora negli acquedotti perdite superiori al 60%, con casi in cui l’acqua esce dai rubinetti un paio di ore la settimana”.