L’esercito dei trombati

È corsa al riposizionamento in vista delle elezioni politiche della prossima primavera. A spingere per un posto in pole sono soprattutto gli aspiranti deputati per i quali i cancelli dell’Ars non si sono aperti…

Gli equilibri della giunta dipendono da quelli dell’Assemblea e quelli dell’Assemblea, a loro volta, dipendono dalla costruzione dell’esecutivo regionale. Sullo sfondo di questo puzzle, ecco ancora una volta un’altra tornata elettorale all’orizzonte, la partita delle politiche che da Roma comincia a delinearsi. E in Sicilia in tanti si spalleggiano per conquistare un biglietto di sola andata verso la Capitale. Soprattutto tra quelli che sono rimasti chiusi fuori dalle porte di Sala d’Ercole. Che naturalmente sono pronti adesso a presentare il conto, in termini di consenso ottenuto, ai partiti. Il “tana libera tutti” è arrivato ieri da Marcello Greco, 2.400 voti nella lista di Sicilia Futura, insufficienti per ottenere uno scranno all’Ars. E dopo? Cosa succederà nel centrosinistra e che fine faranno le forze alleate al Partito Democratico? Domande che, alla vigilia delle politiche, preoccupano chi punta ad ottenere un posto a Montecitorio. Così ecco che, salutata Sicilia Futura, Greco annuncia il passaggio al Cantiere Popolare di Saverio Romano. “Metto il mio impegno e le mie energie – dice Greco – a disposizione di questo progetto che ha riscosso un notevole successo con la lista Popolari e Autonomisti-Idea Sicilia alle elezioni regionali e che vuole affermarsi e e consolidarsi”. Insomma, que serà, serà, Greco ha chiaro da quale parte conviene schierarsi in questa fase politica. E chissà quanti tra i suoi colleghi sono siano attanagliati dagli stessi dubbi in queste ore, da Filippo Landolina (5.900 preferenze) a Salvo Lo Giudice (4.300), da Giovanni Di Giacinto (3.800) a Beppe Picciolo (10mila), da Agatino Lanzafame (3.800) a Carmelo Coppolino (4.700), fino a Salvatore Cascio (5000), Michele Cimino (4600), Gianluca Micciché (3.800) e Giacomo Scala (5.039).

Ma i trombati eccellenti che adesso bussano alle porte degli altri partiti sono un esercito non da poco. Da Totò Lentini (4.800 preferenze) a Tommaso Gargano (3.900), da Letterio Daidone (8.400) ad Alessandro Porto (5.800), da Riccardo Pellegrino (4.400) a Santi Formica (6 mila), da Nino Germanà (11 mila) a Giovanni Mauro (4.900), da Edy Bandiera (5.500) ad Antonello Rizza (4.900), fino a Vincenzo Giambrone (3.500), Tony Scilla (6.200), Giovanni Lo Sciuto (5.500), Gaetana Palermo (4.400), Giuseppe Federico (5.400) giusto per restare in Forza Italia.

Un’ecatombe anche in Ap, la lista di Alfano e D’Alia che non ha superato lo sbarramento, dove restano fuori Francesco Paolo Scarpinato (quasi seimila preferenze), Giovanni Ardizzone (5 mila), Marco Forzese (7.500), Nuccio Condorelli (5.500), Vincenzo Vinciullo (6800), Gaetano Cutrufo (6200), Vincenzo Fontana (5.300). Dove si riposizioneranno? Ancora presto per dirlo, anche se, delle due anime che hanno composto la lista, quella legata ai Centristi crede che sia ancora possibile immaginare una lista al fianco del Pd alle politiche, mentre in molti si dicono pronti a scommettere che gli alfaniani cederanno al richiamo del centrodestra.

Tanti big anche nell’Udc, rimasti a guardare fuori dai cancelli dell’Assemblea. Da Giovanni Greco (4.300) a Salvatore Di Carlo (3.100), da Danilo Lo Giudice (4 mila) a Vito Rau (4.200), da Alfio Barbagallo (3300) a Domenico Paci (3000), da Giambattista Coltraro (2700) a Gaetano Cani (4200), fino a Salvatore Iacolino (4600), Giuseppe Sebastiano (3.300).

E poi c’è la partita interna al Pd, dove è probabile che si possa consumare l’ennesima lotta fratricida per conquistare i collegi uninominali. Ci sono le 11 mila preferenze di Angelo Villari, ma anche le 10.500 di Giacomo Tranchida. E poi ci sono Pippo Digiacomo (4200), Paolo Amenta (3700) e Bruno Marziano (4800) Giovanni Panepinto (seimila), Mario Alloro (5.400), Paolo Ruggirello (6.700). Senza contare i portatori di voti rimasti incastrati nella lista Micari, con in testa Giuseppe Ferrarello (9.200) e Giosuè Maniaci (4.300). Perché è vero che l’idea di candidare il rettore dell’Ateneo palermitano ha un padre politico che si chiama Leoluca Orlando. Ma non per questo non toccherà comunque a Fausto Raciti fare i conti coi signori delle preferenze.