Lucia, il cinema e il sesso: “In Italia l’uomo umilia la donna”

La protagonista de I cento passi non ha dubbi: “È un gioco di potere, stronzo chi chiede di prostituirti. Il giornalista, il sindacalista, il marito della mia migliore amica: ecco chi ci ha provato con me”.

“Finché sei giovane pensi che sia normale, che vada così. Davanti alle ripetute avances tendi a pensare di essere sbagliata tu”. All’altro capo del filo c’è Lucia Sardo, attrice siciliana nota al grande pubblico, tra gli altri ruoli, per aver prestato il volto a Felicia Impastato, mamma di Peppino, nel film I cento passi. L’attrice ripercorre la lunga carriera, tra cinema e teatro, raccontando le difficoltà dell’essere donna in un mondo che definisce “erotomane”.

“Sono stata una ragazza con un seno abbondante, con vitino stretto, i fianchi larghi. Per molti anni mi sono mortificata, pensavo di essere io a provocare. Ma la maturità non serve soltanto alle rughe, ma a prendere consapevolezza di sé. Poi anche uscire dall’Italia aiuta tanto. Quello che accade nel mondo dello spettacolo italiano, non lo si riscontra in Europa, ho lavorato molto oltralpe. Attenzione, non che lì gli uomini non ti corteggino, o non ti chiedano di andare a letto con loro. Ma qui in Italia l’uomo desidera umiliare la donna, il suo è un vezzo di potere”.

La linea tra corteggiamento e molestia a volte può essere sottilissima. Dov’è il confine secondo lei?
“Ben venga l’uomo che corteggia, che fa il gioco sessuale e sensuale e questo a me piace tantissimo, vuoi che non mi piaccia essere corteggiata? Poi c’è l’uomo che non si rende conto di andare oltre”.

Lì diventa un problema.
“No, il problema è che qui si rendono conto, ma la cosa li eccita ancora di più. Gli uomini erotomani sono malati, se non vuoi gli procuri ancora più goduria. È un gioco molto perverso, molto doloroso per noi donne, anche per quelle che la danno”.

E lei?
“Io non l’ho mai fatto, però sai quante volte mi sono detta che se lo avessi fatto mi sarei sistemata? Ma avrei dovuto mettere a rischio la mia identità, i miei valori, l’impianto della mia personalità. Crescendo ho capito che è solo stronzo chi mi ha chiesto questo atto di prostituzione. Perché poi ti puniscono, se non la dai con loro hai chiuso, non lavori più”.

La descrive quasi come una convenzione sociale.
“È un gioco di cattiveria, ormai è in uno schema. Forse l’uomo non se ne rende nemmeno conto, alcuni ci deridono, ma cosa sorridono? Per noi donne è una tragedia. Da quando mi è stata chiesta questa intervista ho fatto un elenco, mentalmente, degli episodi che mi sono capitati. Una volta ho intervistato un sindacalista importantissimo e ti assicuro che mi ha detto che noi avremmo potuto fare cose molto più interessanti”.

Chi altri c’è nell’elenco?
“Ce ne sono tanti, dal giornalista che ti promette la recensione, “però stasera usciamo insieme”; al marito della tua migliore amica, che tenta di farti e tu ti allontani, perdi pure l’amica e intanto tu non hai fatto niente. È un circolo vizioso di follia. E forse è arrivato il momento di dirlo. Davanti al rifiuto c’è poi chi ti umilia, facendoti credere che tu stia rinunciando a grandi prospettive. E a me è subito passato per la mente cosa avrebbe pensato mio padre se avesse saputo”.

Ecco, nella donna siciliana c’è un elemento culturale in più che non si è ancora sradicato, rispetto al tema della molestia. Quanto incide nella carriera professionale di un’attrice?
“Incide tanto. Almeno, nella mia carriera ha inciso tantissimo. Avrei potuto fare cento volte di più, avevo delle possibilità immense e non le ho volute giocare. Dopo l’uscita del film I cento passi al mio paese mi diedero un premio, c’era tutta Francofonte. In quell’occasione ho voluto ricordare che in quegli stessi anni anni, mentre Peppino veniva ucciso dalla mafia, le nostre donne venivano uccise dalle dicerie. Bastava che uno stolto dicesse “io a chidda m’a puttaiu”, anche se non era vero niente. Ma la diceria di avere disonorato una donna bastava a far perdere la dignità al fratello, al padre, al marito. Il segno della dignità in Sicilia passava attraverso le donne. La famiglia aveva o non aveva dignità in base a quello che si diceva delle sue donne. A chi oggi si scaglia contro il femminismo, io lo chiedo sempre: ma tu lo sai com’era prima? Ma grazie al cielo che è esistito il femminismo, con tutti i suoi limiti che poi sono limiti umani”.

Pensa che le denunce legate al mondo dello spettacolo continueranno?
“Questa non è che la punta dell’iceberg. Il punto è che poi davanti alla denuncia, oltre all’umiliazione rischi anche una querela per diffamazione, perché alla fine è la mia parola contro la sua. Senza contare che nel mondo dello spettacolo il maschilismo e l’umiliazione passano anche dal cachet, noi donne guadagniamo meno degli uomini”.

Cosa consiglierebbe alle giovani attrici che si avvicinano oggi al mondo dello spettacolo?
“Cominciamo a parlare. Ricordiamoci che i primi processi per stupro, erano processi alle donne. Sicuramente si è aperto il vaso di Pandora, non lasciamo che lo chiudano di nuovo”.