“Miccichè presidente Ars? Non è un diritto”

Claudio Fava provoca il leader di Forza Italia. E legittima la vittoria di Musumeci: “Non c’entrano gli impresentabili”

“Questa campagna elettorale penso che sia stata il meglio che potevamo fare”. Ne è convinto Claudio Fava, che a pochi giorni dall’esito delle urne prova a guardare a freddo la campagna elettorale appena trascorsa, concedendosi anche un velo di autocritica.

In cosa pensate abbiano sbagliato gli altri è chiaro, ma cosa pensate di avere sbagliato invece voi?
“Intanto abbiamo pagato un effetto che forse dovevamo prevedere e arginare in qualche modo per tempo, che è stata la polarizzazione sui due candidati con un fortissimo voto disgiunto che ha premiato Cancelleri”.

Immaginavate un maggiore voto disgiunto in vostro favore.
“La sensazione che noi avevamo, anche attraverso i sondaggi, è che c’era un voto disgiunto che dalla coalizione del partito democratico e da Micari andava a me. Invece è stato dirottato su Cancelleri, quando si è pensato che quello poteva essere determinante per far vincere i Cinque Stelle al posto di Musumeci”.

Avreste dovuto prevederlo?
“Questo è stato il nostro errore, non lo abbiamo previsto e arginato, anche se arginarlo non era facile. Mi sono sforzato di dire che la campagna sul voto utile è una campagna irrispettosa nei confronti degli elettori e che l’idea che il voto utile sia il meno peggio per evitare la vittoria di qualcuno è un modo per ridurre sempre una campagna elettorale in termini di convenienza. E invece i siciliani andavano lasciati liberi anche di costruire col loro voto. È andata così, pazienza”.

Secondo Cancelleri questa sarà ricordata come la campagna elettorale degli impresentabili. È d’accordo sul punto che quel voto sia stato determinante?
“No, penso che il voto determinante sia il voto delle appartenenze, delle discipline, degli obblighi. Gli impresentabili hanno determinato, ma poca roba”.

Musumeci, insomma, non ha vinto per quello.
“Non credo che siano loro ad avere costruito il successo di Musumeci o l’insuccesso di Cancelleri. Il voto militarizzato, quello sì, ma che non passa necessariamente attraverso gli impresentabili. Passa attraverso la politica in cui il vincolo di appartenenza e di obbedienza è assoluto, per cui tu trovi queste straordinarie affermazioni elettorali legate soltanto a una visione proprietaria dei consensi. Penso al giovane Genovese a Messina”.

Il voto d’opinione, invece, in Sicilia non riesce a sfondare.
“Questo è il dato della politica siciliana, dove il voto d’opinione continua ad essere ancora abbastanza marginale. Per cui se sommi i voti d’opinione che sono pochi, e gli astenuti, che sono tanti, scopri che c’è una grande potenziale massa di voto di convinzione e di passione che però non sempre riesce ad esprimersi. E alla fine chi controlla pacchetti di voti, li controlla non con i pacchi di pasta, li controlla con relazioni personali, antiche, collaudate che alla fine determinano il risultato elettorale”.

Pensa che i rapporti interni alla coalizione di centrodestra siano solidi?
“Delle fragilità di struttura ci sono, nei rapporti tra Micciché e Musumeci, nei rapporti tra Musumeci e Forza Italia, nel modo in cui hanno messo insieme pezzi assemblati ma non collaudati sul piano dell’azione politica. Io credo che questo sia il limite più forte per Musumeci: tenere insieme una coalizione che è somma ma non è sintesi e nella quale ci sono ancora molti appetiti personali, l’intenzione di riprendersi il tempo perduto. A cominciare dal modo in cui Micciché ha detto di voler fare il presidente dell’Ars, come se fosse una specie di diritto che gli spetta in qualità di segretario di partito. Credo che questo sia il tema più importante, la possibilità che attraverso taluni eletti gli interessi di alcuni comitati d’affari tornino ad essere determinanti ai fini dell’agenda politica in Sicilia”.

Tra quattro mesi si torna al voto per le politiche. Cosa cambia in prospettiva nazionale rispetto al dato siciliano?
Cento Passi c’è, resta, è un progetto che vogliamo consolidare. Tra due settimane ci sarà l’assemblea regionale, anche pensando al quadro nazionale. Vogliamo che si parta da questo dato, di una sinistra non più marginale, non più decorativa ma che ha una sua concretezza anche elettorale per parlare al resto del Paese. Vogliamo essere un punto di riferimento per il lavoro unitario che la sinistra farà per il resto del Paese. Sono due punti importanti, da una parte il lavoro che si farà qui e bene in Sicilia, non soltanto in Assemblea regionale, dall’altra mettere a disposizione questa esperienza per farla diventare l’idea di una sinistra possibile anche nel resto del Paese. Come tutto questo passerà anche attraverso nuovi rapporti col partito democratico non dipende tanto da noi, quanto dal partito democratico”.