Monachello, attrazione a tinte rosa

Monachello a tinte rosaNon è stata una conferenza di presentazione quella di Gaetano Monachello, agrigentino di Palma di Montechiaro, classe 1994, ma un lungo, impetuoso, appassionato monologo in “conturbante” accento siculo, che “sfruculiava” nella mia testa i sogni di quand’ero solo un “picciotto”, che il “L’Ora” spediva nei polverosi campi di calcio di periferia per imparare il magnifico mestiere di cronista.

Proprio così: nell’ascoltare il lungo racconto della sua carriera mi sono sentito giovane anch’io.

Più giovane di lui.

Di solito, il nuovo giocatore viene presentato dal capufficio stampa e poi a domanda risponde, ma lui, Gaetano Monachello, ha fatto tutto da solo: si è seduto, ha fatto ruotare lo sguardo così da avere una visione d’insieme, e poi ha cominciato.

“La mia storia è lunga, anche se ho solo ventitré anni, perché già a quindici avevo lasciato la mia casa per iniziare nelle giovanili dell’Inter. Poi al Parma e quindi una svolta decisiva: all’estero per tre anni. Dal 2012 al 2015, cominciando in Ucraina, passando per Cipro, quindi Monaco e Bruges. È stata dura e affascinante nello stesso tempo, perché, girando in tondo, sono cresciuto, da ragazzo sono diventato uomo!”.

Nessuna enfasi nel tono ma solo quell’accento nostrano che quel suo vagare in giro per l’Europa non ha scalfito per niente. È rimasto il giovane di Palma di Montechiaro, innamorato della sua terra.

“Dieci anni lontano dalla Sicilia sono tanti, li ho sentiti ad uno ad uno, tant’è vero che mi sono emozionato quando, appena arrivato, negli spogliatoi ho sentito di nuovo il mio dialetto, la sua tipica cadenza, nella parlata del magazziniere, che è diventato già, anche per questo, un mio grande amico. Risentire dopo dieci anni la parlata della mia terra mi ha suscitato una sensazione bellissima, mi sono sentito finalmente di nuovo a casa mia, tanto che sono bastati i due primi giorni di allenamento per inserirmi alla grande nei meccanismi della squadra”.

È un fiume in piena, Gaetano, parla a rotta di collo, non ha bisogno di imbeccate, né di domande: si vede da lontano che questo momento se lo sognava da anni.

“La prima cosa che mi ha colpito è stata l’accoglienza dei tifosi e, soprattutto, quello che mi ha detto uno di loro: “Gaetano, sono contento del tuo arrivo: da oggi il Palermo avrà in me un tifoso in più!”. Sembrano parole di benvenuto come altre, ma queste per me hanno un significato particolare, perché sono io il primo tifoso del Palermo, da sempre. E il pensiero che facendo bene il mio lavoro potrò far riavvicinare i tifosi allo stadio mi mette già i brividi addosso!”.

Poi Monachello si addentra nei “misteri” dei suoi infortuni, dell’ultimo in particolare, ritenuto a torto causa di pubalgia: “Ma non era pubalgia, a Bari non lo hanno capito ed era per questo che le cure non facevano alcun effetto. Tornato all’Atalanta, hanno rifatto tutte le analisi possibili e scoperto che i miei malanni non avevano nulla a che fare con la pubalgia. Ho cambiato la terapia e già dopo qualche tempo stavo meglio e oggi posso dire di essere perfettamente guarito!”.

Senza riprendere fiato, Monachello prosegue: “Una volta individuata la causa dell’infortunio e iniziata la terapia opportuna, bisognava riavviare il motore, come si dice, così ho ripreso con gli allenamenti, non ho fatto le vacanze, tutto giugno e meta luglio mi sono serviti a riprendere forza tono e muscolare, e oggi posso dire di essere pronto… Sì (anticipando la scontata domanda ndr), anche da sabato prossimo contro l’Empoli: se il mister mi chiama io risponderò all’appello. Sarò emozionato, ci mancherebbe, solo per l’orgoglio di indossare questi colori mi batterà forte il cuore, ma saranno attimi e poi sarò un leone!”.

Si guarda un attimo intorno, solo l’istante d’un batter di ciglia, e aggiunge. “Certo, deciderà il mister e io accetterò le sue scelte. Sempre. Se mi vorrà in campo già con l’Empoli io ne sarò felice, ma se dovrò aspettare la partita di Foggia sarò felice altrettanto. D’altronde, mister Tedino mi ha voluto, sa bene quello che gli posso garantire, quindi…”.

E finisce con un appello. Accorato e appassionato come e più di prima: “Dobbiamo meritarci la fiducia dei tifosi e possiamo riuscirci solo lottando in campo ad ogni partita, dal primo all’ultimo minuto. L’obiettivo lo conosciamo tutti e se staremo uniti, società, giocatori e tifosi, lo raggiungeremo: la squadra è forte e il “popolo rosanero” lo ancora di più”.