Musotto, atto di accusa alla politica: “Crocetta, Musumeci, Miccichè, Cancelleri, Orlando, vi dico che…”
Il telefono gli squilla senza soste da un paio di giorni. E sotto sotto non gli dispiace neanche questa tempesta di squilli che lo ridesta da un quotidiano fatto di abitudini a cui non riesce ad assuefarsi. Dopo una vita in trincea la quiete dei 70 anni la vive quasi come una punizione. Se dici Francesco Musotto pensi automaticamente alla Provincia. Palazzo Comitini è stato il suo regno per quasi 13 anni, la sua presidenza quella che di più ha dato ruolo e visibilità ad un Ente intermedio la cui utilità, spesso contestata, è emersa proprio quando ha di fatto cessato d’esistere.
Un binomio quasi inscindibile sottolineato proprio dalle tante telefonate di congratulazioni ricevute ieri. Come se l’abolizione delle Province fosse stato uno sgarbo fatto a lui personalmente. E in tanti gli hanno chiesto anche di ritornare in campo a riprendersi la guida di un’Amministrazione da ricostruire da cima a fondo.
“Inutile mentire – spiega Musotto – mi ha fatto piacere che molti si siano ricordati di cosa abbiamo fatto per i Comuni della Provincia in quel periodo. La cosa fondamentale? Abbiamo dato dignità al governo di area vasta e voce a tutti quei Comuni stritolati dalla supremazia del capoluogo e della Regione. Ma di tornare in campo non se ne parla, per me vale davvero il detto che c’è un tempo per ogni cosa. E poi, a 70 anni, non sarei in grado di affrontare serenamente un divorzio. Perché se solo pronuncio la parola politica, mia moglie scappa di casa”.
La notizia del passo indietro dell’Assemblea Regionale Siciliana non lo ha colto di sorpresa.
“Sarebbe stato più opportuno seguire il modello della riforma nazionale. Invece Crocetta, uno dei presidenti più ridicoli della storia delle Regioni d’Italia, ha voluto giocare a fare l’eroe inseguendo una teorica ondata di protesta popolare. Limitare i costi della politica… Dalle Regioni si doveva cominciare a eliminare gli sprechi, le Province erano poca cosa e con piccoli aggiustamenti sarebbe andato tutto a posto. La verità è che il disegno di Crocetta era eversivo: per quasi 5 anni ha tenuto tutte le Province sotto il suo controllo con i Commissari. Che, diciamolo francamente, non è che fossero tutti dei geni. È stata sufficiente qualche urlo isterico lanciato da quel suo degno compare che è stato Giletti, per far passare l’idea più comoda. Via le Province e tutto a posto. Una vera e propria buffonata di cui l’Italia intera si dovrebbe vergognare. E sia chiaro, troppo facile attribuire oggi ogni responsabilità a Crocetta, la legge all’Ars non l’ha fatta da solo e non l’ha approvata da solo. E prima di lui a sputare sentenze contro le Province c’è stato Pierferdinando Casini, un altro genio della lampada. A proposito, oggi che non c’è più Cuffaro, a quanto zero virgola è arrivato? Non è una santificazione di Cuffaro, per carità, ma finiamola con le ipocrisie: con i suoi voti tanta gente ha costruito una vita politica”.
Alle Comunali la lista di ispirazione cuffariana non ha sfondato…
“Era un consenso basato sul potere e sulla distribuzione di risorse e favori. Senza più potere, senza più niente da distribuire niente più consenso. La vicenda giudiziaria di Cuffaro, da questo punto di vista c’entra poco, la maggior parte ha dimenticato o perdonato”.
Torniamo alle Province: adesso cosa accadrà? Come si muoveranno le coalizioni?
“Il tessuto degli 82 Comuni esprime un elettorato moderato. Vincerà un moderato, bisogna capire quale schieramento metterà in campo quello giusto. E attendere cosa farà Leoluca Orlando, l’unico fuoriclasse della politica siciliana”.
Detto da chi l’ha combattuto per tanti anni…
“Siamo cresciuti insieme, sempre idee diverse, ma sempre massimo rispetto. Non mi ha attaccato neanche quando ero in galera ed ero il bersaglio preferito di tanti ominicchi. Orlando è l’unico che comprende l’umore della gente che parla a testa, cuore e pancia dei palermitani. E poi ha avuto una fortuna: ha sempre potuto pensare a nient’altro che a sé. Nessuna distrazione, un’esistenza dedicata alla politica”.
In questo momento sta zitto…
“C’è la questione delle Regionali ancora aperta. Se sta zitto è perché un mezzo pensiero di candidarsi ce l’ha. Sarebbe l’unico in grado di tenere in piedi una coalizione che manca di una vera e propria anima, l’unico capace di giocare fuori dagli schemi. Perché in fondo è un anarchico, come me. Ma io di più. E vincerebbe, statene certi”.
Come spiegarlo a una città che l’ha acclamato appena due mesi fa e a chi si è appena insediato in Comune dopo una dispendiosa campagna elettorale?
“Comprendo, ma ci sono problemi superiori. E la Regione in questo momento ha bisogno di un presidente che sappia governare. Ve l’immaginate la Regione in mano a Cancelleri? Meglio chiudere. Mettiamo un bel cartello: chiuso per ristrutturazione. L’antipolitica è il prologo della fine della democrazia. A questo punto meglio Musumeci che di dentro è ancora fascista ma delle cui qualità di amministratore non è lecito dubitare. Ed è persona seria”.
Nella sua graduatoria, primo Orlando, secondo Musumeci. E terzo?
“Primo Orlando, punto. Musumeci non vincerà mai con uno schieramento così frammentato. Poi a destra fanno ancora una volta il gioco a perdere. Lasciamo fare a Miccichè…”.
Di nuovo? Ma non avevate fatto pace?
“E che c’entra? Gli riconosco coraggio e senso di responsabilità nei confronti di un partito a cui ha dato molto ma da cui ha preso anche molto. Ancora Miccichè? Ha qualche anno meno di me, possiamo dire che è un uomo maturo. Se è ancora il numero 1 di Forza Italia qualcosa non quadra. E lui che è intelligente dovrebbe fare un passo indietro. E invece è candidato e dice di volere fare il presidente dell’Ars. Mi ha chiesto la terza opzione? Ci sarebbe La Via, ha qualità, competenza, farebbe il presidente con entusiasmo. Dovrebbe solo cambiare compagnia: è uomo di Castiglione, non so se mi spiego…”.
Se la politica è il suo passato, quale rimpianto prova nel vedere la Sicilia di oggi?
“Vedere i nostri figli che vanno via è uno strazio. Significa che non abbiamo saputo costruire il contesto ideale per dare loro una scelta. Questa è una colpa che la mia generazione si porterà nella tomba”.