La corte ad Angelino Alfano, da appestato a più bello del reame

Per diversi mesi era da evitare come avesse la peste bubbonica, poi corteggiato come la più bella di tutto il reame. Il sogno di mezza estate di Angelino Alfano ha colori diversi da quelli sbiaditi dei tempi della legge elettorale. Le frustate di Matteo Renzi sembravano avere descritto la scena finale di un film visto tante volte: chi si stacca dalle aggregazioni classiche è destinato a scomparire. Senza tanti giri di parole, l’ex premier aveva bollato la nascitura Ap di essere un’armata con tanti generali e poche truppe.

Anche fosse vero, quelle poche truppe in Sicilia un peso ce l’hanno tanto che Alfano è in condizione di trattare – e non con il cappello in mano – sia con Miccichè che con il Pd,  per questioni legate alle elezione regionali di novembre e anche in vista delle Politiche della prossima primavera.

La verità è che il valore del centro nella competizione elettorale è ancora grande e che il peso specifico dei voti deve essere moltiplicato per due. Se il suo consenso lo porta a destra, inevitabilmente lo sottrae al campo avverso. E tra mettere e levare il miracolo della moltiplicazione si ripete. E così Alfano, almeno in questa fase, si può togliere qualche sfizio. Costringere, per esempio, Miccichè a venire allo scoperto e ripudiare la candidatura di Nello Musumeci che soltanto ai ciechi sembrava scontata. Oppure fare alzare dalle rispettive seggiole ministro e sottosegretario – leggasi Del Rio e Faraone – per discutere dei meccanismi della legge elettorale nazionale che verrà.

La base siciliana preme, già dallo scorso turno amministrativo, per un ritorno a destra.  Sta più a suo agio, ha più interlocutori, ha la sua storia in quel versante. “A Palermo si è vinto – ha tuonato dopo l’11 giugno Alessandro Anello, un fedelissimo di Francesco Cascio eletto con Ferrandelli – ma quanto consiglieri ha portato a casa stando con i dem?”.

Tuttavia la partita è ancora aperta, specie se dovesse davvero essere Leoluca Orlando il candidato del centrosinistra. Per ora Alfano incassa senza scomporsi gli insulti che in maniera più o meno esplicita gli arrivano dal fronte di Musumeci. D’accordo che #Diventerà Bellissima, ma al momento è certamente #incacchiatanera. È la seconda volta consecutiva e più o meno con le stesse modalità che Miccichè, con il supposto concorso di colpa del Ministro, frantuma i progetti del leader storico della destra catanese ad un passo dal traguardo.

La battuta che circolava nei corridoi di Palazzo dei Normanni, testuale: Angelino non soffre, s’offre. Intanto Alfano lavora, sotto traccia, alla ricerca del punto d’equilibrio che gli potrà consentire di aggregare al centro altre forze fresche. Con l’obiettivo di far rimangiare anche quella sagace battuta di cui sopra.